Nello scorso articolo abbiamo parlato di come un giocatore possa costruire un background completo e foriero di spunti di gioco per poi inserirlo all’interno dell’ambientazione proposta al master.
A questo punto però è necessario parlare del problema successivo: come fare in modo che i singoli personaggi riescano ad andare d’accordo all’interno di un gruppo.
È un argomento complesso, ma, se esistesse un registro delle cause di morte di un’avventura, il tpk (sigla di Total Party Kill, che sta ad indicare quando l’intero gruppo di personaggi viene spazzato via in una sola giocata) da gruppo incapace di andare d’accordo che finisce a massacrarsi di fronte la caverna del mostro sarebbe l’equivalente del decesso per arresto cardiaco per gli umani: la più grande causa di morte di sempre.
…Eh, ma l’allineamento risolve questo problema
Quest’articolo è dedicato ai giochi di ruolo in generale, e non a D&D, ma ho già sentito nell’aria il pensiero del master di D&D che si sente al sicuro dietro l’obbligo di scelta di un determinato blocco di allineamenti. Purtroppo no: Tutti buoni, non è per nulla una dichiarazione d’amore all’interno di personaggi che fanno parte di un gruppo. È molto facile, anzi, che lo stereotipico rogue caotico buono e il classico paladino legale buono, vengano alle mani e si sotterrino a vicenda nel nome dei loro ideali. Stesso ragionamento vale per i sistemi che prevedono un sistema di moralità positiva o negativa o sull’ordine legge-caos sullo stile di M. Moorcock. L’assunto base che persone con credenze simili e cultura simile vadano d’accordo non è automaticamente corretto. È sicuramente d’aiuto e può aiutare a smussare certi angoli fin dalla partenza, ma non si ci può affidare solamente su questo.
…Eh, ma ci sono quei giochi in cui il gruppo decide prima quali sono i propri obiettivi e tutti sono felici perché esiste a monte un accordo che impedisce ai personaggi dei giocatori di assassinarsi per il bottino.
Si, è vero. Questi giochi esistono e sono sempre di più nella produzione europea e americana moderna. Funzionano? A volte. Mettersi d’accordo per dare ai propri personaggi lo stesso obiettivo, la stessa motivazione ed imprimere a questo gruppo di persone la stessa direzione è sicuramente un modo funzionante per evitare liti inutili. Ma è divertente? È davvero divertente dovere, ogni volta, ogni singola partita, decidere ciò che il proprio personaggio vuole fare e ciò che tu da giocatore vuoi esplorare, basandoti su un accordo off-game che permetta a tutti quanti di limitare la propria creatività per il bene del gruppo? Per alcuni sì, per altri no. In questo articolo però si parlerà di come far andare d’accordo un gruppo di personaggi che hanno una storia autonoma l’uno dall’altro, pur viaggiando insieme per i più svariati motivi.
E quindi, come far andare d’accordo i personaggi?
Punto 1. Evitare gli estremi
È sempre brutto dover limitare la creatività dei propri giocatori, ma bisogna fare in modo di non permettere a monte certe combinazioni esplosive di personaggi. Badate bene: questo non vuol dire limare ogni dissonanza e porre veto a tutto quello che un giocatore ha scritto o immaginato per il suo personaggio. Vuol dire però rendere edotto un giocatore che il suo personaggio, con un dato gruppo, non potrà in nessun caso andare d’accordo.
Esemplifichiamo: Niente cavaliere della morte assassino dal passato oscuro e dal presente ancora più oscuro, con l’hobby della tortura sugli innocenti ed una passione per il ping pong in un gruppo di giovani avventurieri pieni di belle speranze ma che hanno una fobia per il ping pong a causa della grande rivolta in cui il loro villaggio è stato distrutto durante il 96esimo campionato di Ping Pong del regno. Semplicemente questo personaggio non potrebbe andare d’accordo con gli altri se giocato coerentemente, neanche con tutta la buona volontà e le motivazioni del mondo. Quindi il giocatore va guidato verso un cambiamento del proprio concept che può essere sottile in alcuni casi e totale in altri.
Punto 2. Una visione comune
È una buona idea dare al gruppo una motivazione forte per intraprendere le proprie avventure.
La brama di oro o di eurodollari è sempre una buona motivazione, ma potrebbe non spingere molte persone ad andare fino in fondo quando la proverbiale cacca colpisce il ventilatore. In questo caso è consigliabile dare ai personaggi un mentore comune, che ognuno di loro può vedere in maniera diversa ma che rappresenta il fulcro di unione del gruppo. In alternativa un ideale o un nemico comune funzionano comunque benissimo. In molti casi il nemico comune è il miglior collante che esista per un gruppo. Ma assegnare arbitrariamente ad un personaggio un elemento esterno al proprio background che non ha motivo di essere è sempre una cattiva idea, così come lo è far girare l’intera partita intorno ad una sola motivazione che, se venuta meno, farebbe crollare il gruppo.
La situazione migliore, per il master, è quella di costruire una sorta di rete di interessi, motivazioni e persone intorno ai personaggi.
Esemplifichiamo:
Se il master ha preparato una partita all’insegna del salvataggio della figlia di Re Rolando, rapita dai cattivissimi Goblinazzi di Palude, la prima motivazione sarà la ricompensa per chiunque sia in grado di riportare sana e salva la principessa. Il personaggio che gioca il paladino potrà essere spronato dall’onore che tale impresa gli porterebbe, il bardo arrampicatore sociale potrebbe voler chiedere la mano della giovane, il guerriero di origini nobili essere spronato da vincoli di parentela e il ladro solitario e un po’ rompipalle del gruppo potrebbe essere lì per evitare il carcere duro per qualche altro crimine. Nel corso del tempo potrebbe aggiungersi, come nemico del gruppo, il malvagio e carismatico stregone che comandava i goblinazzi o come alleato il buono ma timido Re Rolando. E così via, in una rete di contatti che permette ad un gruppo di continuare a funzionare anche se uno o due elementi motivanti smettono di funzionare.
Punto 3. Il nemico comune
Il nemico, come accennavo prima, è un ottimo collante. Più del mentore e spesso più delle motivazioni accessorie. Ma perché? Perché spesso una buona partita, così come un buon libro o film d’avventura, è resa tale da un buon nemico ed è tanto grande quanto è grande l’avversario. Combattere per sopravvivere all’esercito invasore e cercare di salvare ciò che si ama o quel poco che si ha, mentre Qualcuno in particolare cerca di ostacolare i personaggi, quali che siano le sue motivazioni, rende le partite molto più pepate. Un nemico in grado di sfuggire più volte ai personaggi e di colpire con attacchi mirati e trasversali ciò a cui i personaggi tengono, generando odio e tensione ma rafforzando così l’unità di gruppo, è un ottimo modo per tenere in vita una partita e dare un motivo per andare insieme ad un gruppo. I nemici migliori sono quelli che hanno carisma e che non si limitano ad attaccare per uccidere il gruppo, ma che utilizzano tattiche diverse, spesso ai limiti del terrorismo fisico o psicologico, per portare avanti i propri obiettivi. Un vero nemico è il cultista che fa ammalare la sorella del ladro senza mai farsi vedere in volto e che continua a sfuggire con intelligenza alle investigazioni dei personaggi, risulterà più facile odiarlo e risulterà più divertente arrivare da lui e abbatterlo, rispetto al grande barbaro o al mostro di turno il cui compito è quello di combattere e vincere, o più probabilmente venire scannato ed essere appeso sulla porta della locanda dai personaggi.
Punto 3.2 L’assenza del nemico
Non tutte le partite devono avere un nemico che viene imposto dal master. I personaggi spesso sono perfettamente in grado di crearsi da soli antagonisti e decidere da che parte stare in maniera perfettamente autonoma. Un tipo di partita molto particolare, che però può risultare davvero soddisfacente, è quello in cui il nemico semplicemente non c’è, sostituito da una serie di personaggi grigi, con motivazione e obiettivi propri, che si muovono contestualmente ai personaggi per ottenere quello che vogliono.
Pensate ad una partita sullo sfondo della guerra dei Cinque Re di Game of Thrones in cui nessuno ha chiaramente ragione o torto e tutte le fazioni vantano dalla propria qualche ragione e molti torti. La presenza di tante sfumature morali di grigio porta alcuni giocatori allo straniamento, ma ad un’immersione spesso più profonda, dopo il primo momento di spaesamento, all’interno della partita. Dove manca il vero nemico è possibile giocare partite più profonde e spesso introspettive ma è necessario stringere molto di più i legami tra gli altri giocatori e tra le loro motivazioni, in modo che possano evitare di saltarsi alla gola per direttissima durante scelte morali molto delicate. Continuando sulla scia dell’esempio riguardante Game of Thrones, basti pensare a legami di parentela o di fedeltà verso la stessa persona.
Punto 3.3 Noi siamo il nemico
Siamo arrivati ad uno dei punti più dolorosi e più eccitanti per molti giocatori e master: giocare con i cattivi. Il tipico gruppo di mostri che popolano il mondo di tenebra, dai vampiri ai demoni, passando per tutto quello che c’è nel fiume nero del World of Darkness o, peggio ancora, i cattivi all’interno di una partita di D&D.
In questo tipo di partita va effettuato un completo rovesciamento di valori ed è come giocare una normale partita ma guardandola attraverso uno specchio. I canonici buoni diventano i cattivi da abbattere e gli obiettivi personali dei personaggi spesso sono quelli che, in una normale partita, gli eroi cercano di fermare. Qui è molto importante tessere una grande rete di motivazioni che permettano ai personaggi di andare d’accordo malgrado i loro egoismi e il loro essere un pugno di stronzi. Detto questo, alcuni consigli che possono sempre servire in una partita di questo genere: Non importa quanto i personaggi possano essere cattivi, può sempre esistere un cattivo più grande di loro che vuole prenderli a calci nel deretano e contro il quale devono fare fronte comune o perire. E, in secondo luogo, non importa quanto siano cattivi, sono pur sempre creature pensanti ed anche il più vecchio dei vampiri può trovare quella persona che gli ricorda il suo primo amore e il più crudele dei barbari mezz’orchi potrebbe restare impietrito di fronte alla bontà estrema e votata al martirio della sua nemica. Giocare con i contrasti e con sprazzi di luce all’interno delle tenebre dei personaggi può dar vita a sensazioni molto belle e, chissà, magari ad una bella, lenta e sentita redenzione.
Punto 4. La fine dell’avventura
Esistono master che amano fare brevi avventure di poche giocate e poi passano ad altro, ne esistono altri che invece hanno il solo obiettivo di portare avanti una campagna per anni e anni, senza mai fermarsi finché il divertimento continua. In entrambi i casi si troveranno a dover dividere le loro partite in atti, chiamati in gergo archi narrativi. Un arco narrativo si può dire concluso quando il problema principale del momento è stato risolto e di solito si ricomincia con un nuovo arco con l’arrivo del prossimo problema degno di attenzione da parte del gruppo. In gruppi troppo eterogeni è possibile che alcuni membri del party non abbiano più una reale motivazione per restare insieme agli altri. In questi casi bisogna sfruttare il tempo che intercorre tra un arco e l’altro per rinforzare o ricreare le motivazioni personali dei personaggi o prendere atto, se necessario, che un determinato personaggio ha esaurito il proprio potenziale narrativo con quel gruppo ed è pronto per entrare nel novero dei png dell’ambientazione. È fondamentale ricordare che non c’è nulla, ma davvero nulla, di peggio di un personaggio che continua a trascinarsi senza motivazione all’interno di un’avventura, continuando ad esistere per un capriccio di un giocatore. Meglio andarsene in un botto che con un lento sibilo.
Conclusione
A questo punto vorrei lasciare la parola ai lettori.
Quali sono i metodi che utilizzate per tenere unito un party o semplicemente per andare d’accordo in game con gli altri membri del gruppo?
Ti è piaciuto questo articolo?
Puoi seguire l’autore sulla sua pagina Facebook, dove parla di romanzi e gioca con varie ambientazioni:
Maxwell Vai al profilo 22 Febbraio 2017 – 18:28
da me aiuta il fattore nemici comuni ,
e conoscenza precedente tra i giocatori ,
Giuseppe 22 Febbraio 2017 – 20:11
Il nemico comune, come scrivo, è un punto importante di contatto tra i giocatori. Ma bisogna sempre evitare la “sindrome di Dragonball” e la rincorsa al cattivo della settimana, come dicevo con un utente su facebook!
Maxwell Vai al profilo 23 Febbraio 2017 – 18:25
sindrome evitata ,
basta fargli presente che l ‘ intero mondo è pieno di potenziali nemici ,
e nel giro di 2\3 sessioni si hanno buone alleanze .
senza scomodare distruttori di regioni\stati\continenti\pianeti .
poi se il DM usa 1 ambientazione all ‘ acqua di rose è 1 altro discorso .