Cold City è ambientato nella Berlino del 1950, tra gli aiuti del piano Marshall ed una ricostruzione vertiginosa, coi corpi di polizia (più o meno segreta) ora non più alleati, ma contrapposti in una guerra fredda appena cominciata.
In questo microverso mutuato dal noir al fantapolitico alla “The Manchurian Candidate”, si innesta la componente fantastico/orrorifica rappresentata da tutta una serie di esperimenti del Terzo Reich, che hanno prodotto altrettante aberrazioni e mostruosità da gestire, eliminare, rendere inoffensive o – meglio ancora – assicurare nei centri di ricerca della propria madrepatria. Ad occuparsi di questo lavoro sporco è la RPA, una agenzia di polizia speciale a cui partecipano i migliori agenti che la Germania, la Francia, gli Alleati e l’Unione Sovietica sono stati in grado di fornire. Questi veterani del grande conflitto, impersonati dai giocatori, saranno chiamati ad affrontare tali situazioni innaturali.
La varietà di incontri possibili è indubbiamente varia e forse anche forzatamente eterogenea: si parte dalle creature una volta umane ed effetto di esperimenti nazisti per la creazione di superuomini, ai soldati riportati in vita in una sorta di non-morte scientifica, fino ai mostri di stampo prettamente lovecraftiano e di simile origine, provenienti da piani dimensionali sconosciuti e portati su questa terra da esperimenti occulto/scientifici nazisti volti a lacerare il tessuto spaziotemporale.
Questa componente fantastica, almeno secondo le raccomandazioni dell’autore, non dovrebbe distogliere dall’atmosfera di sospetto e paranoia, di atteggiamenti spionistici e doppiogiochistici, dai giochi di politica e sottile diplomazia della guerra fredda, per evitare che Cold City si trasformi in un Call of Cthulhu Modern Age con PG che interpetano ruoli militari, e, quindi, fin troppo saturo di piombo e povero di investigazione.
[grazie a Little V]