La modernità del Vintage

Ho soffiato via un po’ di polvere da uno degli scaffali della mia memoria, e sotto lo strato di lanugine grigia cosa ho trovato? Quello che, forse, è il gioco di ruolo più moderno che ho mai giocato in vita mia: “Uno Sguardo nel Buio”.

Non cercatelo nei negozi, è stato pubblicato in italia nel 1986 e, per quanto ne so, si può sperare di trovarlo solo su ebay oramai.

Dicevo che si tratta di un gioco moderno, ma in che senso?
Va premesso che in quegli anni si stavano sviluppando sistemi di gioco sempre più articolati e complessi, dove si demandavano al sistema di regole tanto il realismo del gioco quanto il coinvolgimento del giocatore, un trend che ha continuato ad imperare fino a pochi anni fa e che, in alcuni giochi (come D&D 4^ed.), ancora domina.
Ma Uno Sguardo nel Buio era (ed è tutt’ora) diverso. E’ un gioco che prima di ogni altro, con 20 anni di anticipo, demanda completamente al master il realismo del gioco e completamente al giocatore il suo coinvolgimento.

La tendenza moderna è verso giochi che tralasciano le meccaniche per tendere alla interpretazione più pura.

Il regolamento di Uno Sguardo nel Buio è elementare: direi scarno. 5 punteggi definiscono le qualità fisiche e mentali del personaggio e determinano cosa sia in grado di fare, 5 punteggi ne definiscono le performance in combattimento ed un’altro la capacità di lanciare incantesimi… ed è tutto qui.

Non ci sono caratteristiche sociali, perché la capacità di persuasione del personaggio è quella del giocatore (o quella che egli decide di dare al personaggio).
Non esiste, ad esempio, un tiro di furtività: il personaggio si nasconde nelle ombre e si muove di soppiatto se il giocatore parla a bassa voce e gesticola lentamente.
Non esistono carte dei poteri: il personaggio lancia un incantesimo se il giocatore pronuncia correttamente a memoria la formula magica e se i punti di Energia Astrale (il “mana” a disposizione) sono sufficienti.

Preferisco non dilungarmi qui a spiegare com’è il gioco, chi è interessato può trovare una breve spiegazione qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Uno_sguardo_nel_buio

Pubblicato da Alfredo

Classe 1974, appassionato giocatore di ruolo dal 1987. Dopo essere stato Narratore di Vampiri Live a Firenze, coordinatore Europeo del Clan Giovanni, coordinatore italiano Clan Nosferatu, presidente di Cronaca Italiana e membro di Cronaca Europea, ho avuto una reazione allergica a "Vampiri: La Masquerade" e non ne posso più sentire parlare. Ora arbitro mi dedico al vintage arbitrando "Il RIchiamo di Cthulhu" ma vorrei provare anche "Dungeon World".

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8 commenti su “La modernità del Vintage”

  1. vik 27 Luglio 2011 – 09:20

    Sono d’accordo con te. Questo è uno dei motivi per cui sono rimasto a D&D 3a edizione. Ma sono anche convinto che la partita per essere convogliante ci vuole un master bravo e non un buon regolamento. In base a questo quando masterizzo non considero molte regole e dò punti EXP per l’interpretazione più che per i combattimenti.

    Poi ci sono casi e casi. Cyberpunk ha un regolamento abbastanza complesso eppure da tanto spazio all’interpretazione. Lo stesso dicasi per il mitico GIRSA.

    1. Alfredo Vai al profilo 27 Luglio 2011 – 12:16

      Ovviamente sono d’accordo con te, ma ritengo che il “master bravo” non è sufficiente: serve anche un regolamento che si adatti ai gusti dei giocatori, esattamente come il “cuoco bravo” che se usa ingredienti che non ti piacciono, al massimo ti fa mangiare qualcosa di ‘tollerabile’, non di ‘buono’.

      Il master è il cuoco, ma il regolamento è un ingrediente importante…
      Per esempio, se il regolamento non è “scorrevole” bisogna decidere se concentrarsi sulla sua applicazione o sull’immedesimazione e la narrazione (Notare: non “interpretazione” ma “immedesimazione”).
      Di per sé non è sbagliato usare un regolamento skirmish per gestire i combattimenti (lo stesso D&D discende da un regolamento skirmish), il problema è che se la “sospensione dell’incredulità” viene interrotta spesso dalla necessità di concentrarsi sul regolamento, diventa difficile immedesimarsi nel personaggio, trasformando la sessione in una esperienza più razionale e meno emotiva.
      Se al gruppo piace il gioco razionale, è un bene; se piace il gioco emotivo, non lo è.

      Il mio gruppo è formato per lo più da giocatori alla loro prima esperienza, abbiamo iniziato a Marzo con D&D4^ edizione e ci siamo divertiti e ci divertiamo tutt’ora… ma è innegabile che con Uno Sguardo nel Buio, iniziato a Giugno, ci divertiamo tutti molto di più.

  2. Engine Vai al profilo 27 Luglio 2011 – 10:02

    Perdona, ma definire il regolamento di D&D 4E come “realistico” mi sembra ben poco vero. Poi, personalmente, non apprezzo regolamenti che mescolano capacita’ del giocatore con capacita’ del personaggio.
    Se un personaggio puo’ essere un eccellente combattente non vedo perche’ non possa anche essere un eccellente oratore, pure se il giocatore non e’ granche’ in nessuno dei due campi. Gioco di ruolo, del resto, e’ questo: interpretazione di un ruolo, che non necessariamente coincide con la persona che l’interpreta. Un ruolo che puo’ differire anche notevolmente dalle capacita’ e dalle attitudini della persona che l’interpreta.

    1. Alfredo Vai al profilo 27 Luglio 2011 – 14:41

      Io non definisco “realistico” il regolamento di D&D4^ edizione, lungi da me pensarlo! Mi sono evidentemente espresso male.
      Quello che volevo affermare è che le regole stabiliscono cosa può fare o non può fare un personaggio e quindi cosa è “realistico” (rapportato alla “realtà” del gioco) fare per un personaggio.
      Per esempio un guerriero di D&D4^ può respingere gli avversari con il potere “Marea di ferro”, un paladino o un condottiero non possono farlo anche se imbracciano uno scudo perché non hanno quel potere.
      Se un guerriero di Uno Sguardo nel Buio può respingere gli avversari (facendo un confronto di Forza), può farlo anche un Avventuriero o un Nano: basta fare un confronto di Forza.
      Questo è un esempio in cui si demanda al regolamento (D&D4^) o al master (USnB) stabilire cosa è realistico.
      Con questo esempio è lampante che il regolamento di D&D4^ non è realistico (nel senso che di discosta dalla nostra Realtà).

      Quanto si combinino le capacità del giocatore e quelle del personaggio, determina la misura di quanto il gioco è “di ruolo” e quanto “di proiezione”. Quanto più il gioco consente la proiezione, tanto più forte è l’impatto emotivo, e pertanto è una mera questione di gusti scegliere un gioco più emotivo o più razionale.
      Ma anche D&D4^ necessita di proiezione! Ad sempio: un paio di sessioni fa ho giocato il PG condottiero di un giocatore che si era assentato. A giudizio del resto del gruppo quel personaggio non era mai stato tanto efficace come in quell’occasione e non certo perché anticipava le mosse degli avversari! Questo accadeva perché il giocatore ha sistematicamente ignorato alcuni poteri del suo personaggio producendo una performance in combattimento meno efficace. I questo caso le capacità del giocatore si sono sovrapposte a quelle del personaggio in maniera preponderante e senza possibilità di correggere!

      Come porre rimedio? In USnB posso far fare un test di Fascino al personaggio di un giocatore con scarse capacità dialettiche per convincere qualcuno (bypassando così i deficit comunicativi del giocatore), ma in D&D4^ come si fa a far fare scelte tattiche corrette al giocatore? Il master dovrebbe decidere al posto del giocatore cosa deve fare il personaggio?

      Questo accade invariabilmente quando si usano regolamenti complessi: il giocatore deve essere “bravo” ad usare il regolamento ed a capire quali sono le potenzialità del personaggio ed utilizzarle al meglio (ma senza barare o ricorrere a “trucchi squallidi”).

      1. Engine Vai al profilo 27 Luglio 2011 – 17:42

        Dunque esistono caratteristiche sociali che definiscono quanto il personaggio sia affascinante a prescindere da quanto lo sia il giocatore che lo manovra.

        Comunque si, e’ vero: un personaggio e’ intelligente tanto quanto il giocatore che lo interpreta. Ma a me sta bene questo: io, giocatore, compio delle scelte. Apprezzo poi che sia il sistema, il personaggio, a dirmi se queste scelte sono azzeccate oppure no secondo le capacita’ di quest’ultimo.

        Il giocatore X puo’ essere timido, o balbuziente, oppure avere una voce ridicola. Ovvero possedere umanissimi e inevitabili limiti. Se il sistema gli demanda il compito di interpretare le doti comunicative del suo personaggio, questi non potra’ mai giocare altro che un personaggio timido, o balbuziente, o con una voce ridicola. In ogni caso, un personaggio ben poco affascinante e carismatico. Ovvero, essere costretto anche in un gioco di fantasia nei propri quotidiani limiti. Questa non e’ una critica al sistema, che non conosco e quindi non giudico per mancanza di informazioni. E’ una critica al concetto che sarebbe apprezzabile demandare al giocatore il compito di interpretare le capacita’ del personaggio.

        Perche’ si, tu puoi anche aver compiuto delle scelte azzeccate, usando questo o quel potere del Condottiero: ma rimane il fatto che sia stato il personaggio ad eseguire quelle manovre (anche perche’ credo che il gioco diverrebbe presto ridicolo se dovessimo mimare le tecniche di scherma che i personaggi usano). Non tu giocatore, ma lui personaggio. Non vedo perche’ altre capacita’ debbano essere messe completamente sulle spalle del giocatore.

        Si, e’ divertente interpretare un discorso al tavolo da gioco. Se si e’ bravi, si puo’ dare grande pathos alla sessione. Ma questa e’ una ricompensa in se: apprezzo che rimanga tale.

  3. il mietitore Vai al profilo 13 Settembre 2011 – 18:26

    “La tendenza moderna è verso giochi che tralasciano le meccaniche per tendere alla interpretazione più pura.”

    lolwut? XD

  4. Nath 13 Settembre 2011 – 18:40

    La tendenza moderna è quella di ignorare le regole (o considerarle solo una linea guida) e far decidere tutto al master?

    E cavolo si che allora mi sa che ho sbagliato tutto, non ho capito niente!

  5. Gabe di MorgenGabe Vai al profilo 17 Agosto 2012 – 14:07

    Il regolamento è l’ossatura di un gioco come l’ambientazione è l’anima. Un gioco di ruolo deve avere un regolamento che si adatti all’ambientazione e viceversa. La mancanza di regolamento o la de-regolamentazione è tanto sbagliata quanto l’eccessiva complessità di alcuni gdr di qualche anno fa.

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